Alice abita ancora qui.

È un titolo fatto di parole. Per me Alice è GiuseppinaAbitare è quello che ha fatto per trent’anni cercando di trovare un posto per lei e i suoi artisti. Gente professionista di sogni e disegni tipo Ahmed e SamueleAncora è un avverbio. Indica che un’azione o un fatto non sono conclusi, ma continuano, si protraggono nel presente. C’è scritto sul dizionario.

Qui è l’utopia. 

Alice abita ancora qui. È il titolo di un libro pubblicato per i 30 anni di Tricromia. Anche se questa galleria ha cambiato casa almeno due volte. Forse tre. Forse di più. Un libro pubblicato in un periodo nel quale le persone si fanno domande sulla propria casa. Qualcuno aveva scelto di abitare lontano dalla città. Si era isolato per non farsi distrarre dalla confusione e si è ritrovato completamente solo. Qualcuno aveva trovato una casa piccola confidando nella ricchezza umana della città e si è trovato recluso in un buco circondato da una città svuotata. Qualcun altro è stato contento di passare un po’ di tempo nella sua bella casa che non aveva mai avuto tempo di godersi. E dopo un po’ di tempo non ce l’ha fatta più nemmeno lui. Anche una casa grande può essere una prigione. Mescolare il tempo e lo spazio in maniera sbilanciata crea problemi. I detenuti hanno troppo tempo e poco spazio, per esempio. E infatti chiedono di passare meno tempo in galera. In alternativa: chiedono un po’ più di spazio.

Io vorrei parlare dell’utopia.

Vorrei dire che abbiamo bisogno di un modello che somiglia al mondo, ma che è un po’ meglio del mondo vero. Fatto coi pezzi migliori del mondo vero, ma ripulito da quelli marci. Metterci d’accordo su quali siano quelli marci e quelli sani sarebbe già un passo avanti. Forse Giuseppina ha chiesto a Ahmed e Samuele di disegnare questo modello di mondo. Forse da trent’anni chiede agli artisti di disegnare questa utopia fatta coi pezzi buoni del mondo. E se l’utopia funziona saranno capaci di usare la matita per disegnarli, ma anche la gomma per scancellare i pezzi sbagliati dal mondo. Forse Giuseppina da trent’anni chiede agli artisti di farsi disegnare una casa per la sua Alice. Forse Alice è proprio lei.

Io vorrei parlare dell’utopia.

Vorrei dire che ha qualcosa in comune coi sogni dove possiamo fare esperienze incredibili senza usare pezzi di altri mondi. Nei sogni c’è lo stesso mondo che incontriamo da svegli. È fatto con la stessa materia. Quando ero piccolo ho fatto un sogno che mi ha fatto azzerare tutto quello che avevo pensato sui sogni fino a quel momento. Cioè mi sono accorto che stavo sognando e non mi sono risvegliato. Così ho cercato di pilotare il sogno. Capita a molti. Ma a quel punto mi sono accorto che non era per niente facile. Che non potevo sognare cose che non conoscevo. Potevo vedere le cose più grandi o più piccole. Le potevo mischiare, ma erano più o meno le stesse di quando ero sveglio.

Io vorrei parlare dell’utopia.

Vorrei dire anche una cosa sui sogni. Cioè vorrei dire che sono due cose che funzionano in maniera simile. Che per rappresentare l’utopia bisogna imparare a farlo. Bisogna essere professionisti. E per i sogni vale lo stesso criterio. Sognare è come guidare la macchina. Con un po’ di impegno tutti possono prendere la patente e guidare la Panda. Ci vuole un po’ più di impegno per guidare un autoarticolato di diciotto metri. E solo pochi possono correre al gran premio di formula uno senza ammazzarsi alla prima curva. Per disegnare e scrivere vale lo stesso criterio. Tutti sappiamo fare un disegno e scrivere una frase, ma quanti possono scrivere un romanzo o dipingere un quadro? Il criterio vale anche un piccolo romanzo o un piccolo quadro.

Alice abita ancora qui. È un titolo fatto di parole. Per me Alice è Giuseppina. Abitare è quello che ha fatto per trent’anni cercando di trovare un posto per lei e i suoi artisti. Gente professionista di sogni e disegni tipo Ahmed e Samuele. Ancora è un avverbio. Indica che un’azione o un fatto non sono conclusi, ma continuano, si protraggono nel presente. C’è scritto sul dizionario.

Qui è l’utopia.

                                                                                        Ascanio Celestini

“Alice abita ancora qui” è la  nuova avventura editoriale  di Tricromia: un volume ideato per festeggiare il trentesimo anno di attività. Protagonisti del libro anniversario sono due eccezionali giovani illustratori che hanno realizzato tavole inedite appositamente per questo progetto dando una propria lettura del romanzo di Lewis Carroll: Ahmed Ben Nessib e Samuele Canestrari. Arricchisce il libro un testo di Ascanio Celestini.

     Al finire dellanotte

Una stanza, un letto, un uomo; solo. Immagini silenziose evocatrici di spazi poetici, un racconto intimo legato alla narrazione di una intera notte che volge alla fine.

La nuova proposta espositiva di Tricromia ArtGallery è dedicata alle tavole di Claudia Palmarucci, tratte dal racconto di Francesca Scotti “L’incanto del buio. Racconto di Natale” edito da Orecchio Acerbo.