Tullio Pericoli

Paesaggi in breve acquarelli che raccontano il paesaggio, un tema caro a Tullio Pericoli,creati per il nuovo progetto Libro d’Artista


Tullio Pericoli, pittore e disegnatore, nasce nelle Marche nel 1936 e dal 1961 vive a Milano.

Espone in numerose gallerie e musei italiani ed esteri e pubblica i suoi disegni sui più importanti quotidiani e periodici internazionali.

La sua recente attività di scenografo l’ha portato a lavorare con l’Opernhaus di Zurigo, il Teatro Studio ed il Teatro alla Scala di Milano.

Tra i suoi ultimi libri: Terre, Milano, Rizzoli, 2000; Dreamscapes, New York, Rizzoli Inernational Publications, 2001; I ritratti, Milano, Adelphi, 2002 (II ed. 2009); Otto scrittori, Milano, Adelphi, 2003;Viaggio nel paesaggio, Milano, Edizioni Nuages, 2004; L’anima del volto, Milano, Bompiani, 2005; Robinson Crusoe di Daniel Defoe, Milano, Adelphi, 2007; Paesaggi, Milano, Rizzoli, 2007; Attraverso l’albero. Piccola storia dell’arte, Milano, Adelphi 2012; 80 ritratti per 10 scrittori, Mondadori 2012.

I suoi disegni dal tratto elegante e leggero così come i suoi acquerelli sono tuttora pubblicati sulle principali riviste, quotidiani e sulle copertine dei libri di molte case editrici.

La galleria Tricromia nel 2010 ha esposto di Tullio Pericoli una serie di ritratti di Samuel Beckett.

Il Libro unico d’Artista lo fa l’Artista, e così si è messo a disposizione di quest’ultimo un contenitore, un mezzo, da personalizzare liberamente. L’opera che contiene è un corpo unico e unico è l’esemplare al suo interno. Un nuovo progetto in controtendenza, per rendere il libro più materico e unico, che rimarca il dissenso verso una fruibilità superficiale.

Beppe Sebaste ha tracciato per l’occasione, attraverso un poetico scritto, un percorso introduttivo alla mostra dal quale sono tratte queste parole: (…) Cammino dentro i “paesaggi in breve” di Tullio Pericoli, vago e divago da qualche parte nel mondo tra Twombly, Cézanne e Ambrogio Lorenzetti, come in un libro che non finisce, o come in una poesia del grande Wallace Stevens: (…) questi paesaggi mi parlano anche molto di scrittura: lo scrivere con le mani, l’arte di tracciare segni e bassorilievi a volte impercettibili ma non virtuali; e quell’altra scrittura della terra e nella terra, campi coltivati e anch’essi “manoscritti”, patchwork di idiomi e di grafie, come stoffe fatte di scampoli di diverse tessiture; terre, non a caso di rasserenante bellezza, cucite di una babele di scritture, di epiche e di lingue. Per esempio i vigneti e gli oliveti delle Marche e del Chianti, gli stessi sullo sfondo della Allegoria del Buon Governo, colline come pagine immense di libri aperti, libri la cui lingua non sempre sappiamo leggere, ma che riconosciamo appunto scritta, punteggiatura compresa – cipressi a fare punti esclamativi, puntini e macchie di sospensione, boschive e d’inchiostro. (…) Paesaggi “in breve”: in letteratura la brevitas, o breviloquentia, il “dire molto con poco” (l’opposto della magniloquentia) richiama lo stile semplice e morale, “piano” ma acuminato (gli “acumina” erano figure di ingegno nella retorica stoica e poi barocca). Ma fra le tante associazioni di idee che mi suscita prevale qui la somiglianza con l’haiku, la breve anzi fulminea poesia giapponese che è epifania del “qui e ora”, testimonianza dell’eccezionalità dell’ordinario, forma zen dell’idillio (un idillio in breve).