SAMUELE CANESTRARI
I disegni realizzati con vari tipi di grafite e gomme, come fossero dei prolungamenti delle sue mani, mani che accarezzano, respingono, si intromettono negli interstizi degli esseri umani e della natura, portando i soggetti raffigurati, e soprattutto i loro dettagli, il più possibile vicini agli osservatori, grazie alla resa dell’effetto che quelle superfici producono al tatto (che diventa visione) dell’autore. La cancellatura, di per sé un “vuoto”, riesce effettivamente a riempire cosicché non serve più svuotare per lasciare la traccia di ciò che esisteva. La resa delle diverse consistenze della materia, a qualsiasi natura appartenga, è il modo originale con cui Canestrari ci “fa vedere” le emozioni, cercando di farcele “sentire”.
Il battesimo del porco
In un luogo sospeso tra fede e superstizione, il porco va battezzato. Pagine gonfie di ombre portano alla luce una vicenda di vanagloria e superstizione. Una storia in cui l‘assurdo diviene ordinario e il bene e il male trovano (quasi) sempre il modo di mettersi d’accordo.
Gli uominicane non hanno la coda
Con Gli uominicane non hanno la coda il disegnatore marchigiano nato a Fano nel 1996 riesce, pur giovanissimo, a trascinare quasi corporalmente i fruitori dentro il mondo bidimensionale, come se le due dimensioni fossero un’apparenza che resta tale solo da lontano. Quando ci si affaccia alle sue tavole, basta un attimo e si è subito lì, dentro questo mare opaco, spesso, popolato di visi segnati dalle occhiaie e dai sentimenti: dentro questi paesi lambiti dal vento e dalla sospensione del tempo. L’Italia degli anni Cinquanta si mescola ad atmosfere da X-Files, film di Lynch o sceneggiati come il «Ligabue» con Flavio Bucci degli anni Settanta.