Descrizione
Io vorrei parlare dell’Utopia.
Vorrei dire che non possiamo più permetterci di parlare in pubblico di utopie troppo alte.
Mi pare di ricordare che Marx attribuisse a certi socialisti la mancanza di un’analisi scientifica della realtà. Mi pare che dicesse che erano un po’ astratti. Poco professionali. E li chiamava utopisti. Poi nel corso del secolo scorso ci siamo resi conto che anche la scientificità del metodo marxista è risultata essere un po’ astratta, poco applicabile e per certi versi fallimentare. In Unione Sovietica si raccontavano molte barzellette. Una di queste mi pare di ricordare che suonasse più o meno così: sai qual’è la differenza tra comunismo e capitalismo? Il capitalismo è lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Il comunismo è precisamente il contrario.
Mi pare di ricordare che nel secolo scorso si parlava anche di utopie negative, per esempio a proposito di George Orwell e del suo 1984. Nel mio libro di letteratura c’era una frase tipo questa: a volte gli ideali ispirati alla realizzazione di un mondo perfetto conducano inevitabilmente all’edificazione di un mondo oppressivo e disumano.
Alice abita ancora qui. È il titolo di un libro pubblicato per i 30 anni di Tricromia. Anche se questa galleria ha cambiato casa almeno due volte. Forse tre. Forse di più. Un libro pubblicato in un periodo nel quale le persone si fanno domande sulla propria casa. Qualcuno aveva scelto di abitare lontano dalla città. Si era isolato per non farsi distrarre dalla confusione e si è ritrovato completamente solo. Qualcuno aveva trovato una casa piccola confidando nella ricchezza umana della città e si è trovato recluso in un buco circondato da una città svuotata. Qualcun altro è stato contento di passare un po’ di tempo nella sua bella casa che non aveva mai avuto tempo di godersi. E dopo un po’ di tempo non ce l’ha fatta più nemmeno lui. Anche una casa grande può essere una prigione. Mescolare il tempo e lo spazio in maniera sbilanciata crea problemi. I detenuti hanno troppo tempo e poco spazio, per esempio. E infatti chiedono di passare meno tempo in galera. In alternativa: chiedono un po’ più di spazio.
Io vorrei parlare dell’utopia.
Vorrei dire che abbiamo bisogno di un modello che somiglia al mondo, ma che è un po’ meglio del mondo vero. Fatto coi pezzi migliori del mondo vero, ma ripulito da quelli marci. Metterci d’accordo su quali siano quelli marci e quelli sani sarebbe già un passo avanti. Forse Giuseppina ha chiesto a Ahmed e Samuele di disegnare questo modello di mondo. Forse da trent’anni chiede agli artisti di disegnare questa utopia fatta coi pezzi buoni del mondo. E se l’utopia funziona saranno capaci di usare la matita per disegnarli, ma anche la gomma per scancellare i pezzi sbagliati dal mondo. Forse Giuseppina da trent’anni chiede agli artisti di farsi disegnare una casa per la sua Alice. Forse Alice è proprio lei.
Io vorrei parlare dell’utopia.
Vorrei dire che ha qualcosa in comune coi sogni dove possiamo fare esperienze incredibili senza usare pezzi di altri mondi. Nei sogni c’è lo stesso mondo che incontriamo da svegli. È fatto con la stessa materia. Quando ero piccolo ho fatto un sogno che mi ha fatto azzerare tutto quello che avevo pensato sui sogni fino a quel momento. Cioè mi sono accorto che stavo sognando e non mi sono risvegliato. Così ho cercato di pilotare il sogno. Capita a molti. Ma a quel punto mi sono accorto che non era per niente facile. Che non potevo sognare cose che non conoscevo. Potevo vedere le cose più grandi o più piccole. Le potevo mischiare, ma erano più o meno le stesse di quando ero sveglio.
Io vorrei parlare dell’utopia.
Vorrei dire anche una cosa sui sogni. Cioè vorrei dire che sono due cose che funzionano in maniera simile. Che per rappresentare l’utopia bisogna imparare a farlo. Bisogna essere professionisti. E per i sogni vale lo stesso criterio. Sognare è come guidare la macchina. Con un po’ di impegno tutti possono prendere la patente e guidare la Panda. Ci vuole un po’ più di impegno per guidare un autoarticolato di diciotto metri. E solo pochi possono correre al gran premio di formula uno senza ammazzarsi alla prima curva. Per disegnare e scrivere vale lo stesso criterio. Tutti sappiamo fare un disegno e scrivere una frase, ma quanti possono scrivere un romanzo o dipingere un quadro? Il criterio vale anche un piccolo romanzo o un piccolo quadro.
Alice abita ancora qui. È un titolo fatto di parole. Per me Alice è Giuseppina. Abitare è quello che ha fatto per trent’anni cercando di trovare un posto per lei e i suoi artisti. Gente professionista di sogni e disegni tipo Ahmed e Samuele. Ancora è un avverbio. Indica che un’azione o un fatto non sono conclusi, ma continuano, si protraggono nel presente. C’è scritto sul dizionario.
Qui è l’utopia.
Ascanio Celestini